EPICONDILITE – EPITROCLEITE

L’epicondilite (o gomito del tennista) è una condizione dolorosa del gomito dovuta ad una infiammazione dei tendini estensori dell’avambraccio dove si inseriscono sull’epicondilo omerale.

L’epitrocleite (o gomito del golfista) è una condizione dolorosa del gomito dovuta ad una infiammazione dei tendini flessori dell’avambraccio dove si inseriscono sull’epitroclea omerale.

ANATOMIA. 

L’articolazione del gomito è un’articolazione composta da tre ossa: l’omero nel braccio e il radio e l’ulna nell’avambraccio.

Nell’omero, a livello del gomito, sono presenti delle sporgenze ossee dette epicondilo e epitroclea sulle quali si inseriscono i muscoli flessori e estensori presenti nell’avambraccio. 

Muscoli, legamenti e tendini mantengono stabile l’articolazione del gomito e ne permettono il movimento. 

L’epicondilite, o gomito del tennista, coinvolge i muscoli e i tendini dell’avambraccio che sono responsabili dell’estensione del polso e delle dita. 

L’epitrocleite, o gomito del golfista, coinvolge i muscoli che invece flettono polso e dita.

CHI COLPISCE.

Gli atleti non sono le uniche persone affette da epicondilite o epitrocleite.

Sono infatti numerosi gli individui che eseguono attività lavorative o ricreative che richiedono un uso ripetitivo e vigoroso dei muscoli dell’avambraccio o un’estensione/flessione ripetitiva del polso e della mano.

Pittori, idraulici e falegnami sono particolarmente inclini allo sviluppo di tali patologie, ma anche cuochi, meccanici, macellai… hanno una maggior probabilità di sviluppare questa affezione.

Concause sembrano essere il fumo e l’obesità.

ETA’ e SESSO

L’età della popolazione colpita può variare dai 30 ai 65 anni con un picco nella fascia tra la quarta e la quinta decade.

La prevalenza è di circa il 2% per l’epicondilite e dell’1% per l’epitrocleite nella popolazione generale con una possibile incidenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

MECCANISMO PATOGENETICO

La causa patogenetica scatenante tale tipo di tendiniti sembra essere le micro lesioni che si originano a livello dell’inserzione della giunzione mio-tendinea di questi gruppi muscolari a livello del gomito per overuse e per diretta usura da sfregamento sulle protuberanze ossee.

Per quanto riguarda l’epicondilite queste lesioni interessano normalmente l’origine inserzionale dell’estensore radiale breve del carpo ma possono anche originare dall’estensore comune delle dita o dall’estensore radiale lungo del carpo.

Nella epitrocleite la lesione sembra interessare il pronatore rotondo, il flessore radiale del carpo, il palmare lungo, il flessore superficiale delle dita e il flessore ulnare del carpo.

Le micro lesioni causano un’alterazione del tessuto collagene e dell’orientamento di tali fibre.

Si arriva quindi a un’invasione di fibroblasti con perdita di tenociti e alla cosiddetta iperplasia angiofibroblastica.

Questi sono i meccanismi patogenetiche alla base della degenerazione dell’inserzione mio-tendinea di tali gruppi muscolari.

Il processo porta anche alla deposizione di sali di calcio evidenziato dalle tipiche calcificazioni riscontrabili radiograficamente ed ecograficamente.

SINTOMI

I sintomi si sviluppano gradualmente. Nella maggior parte dei casi, il dolore inizia lentamente e in modo lieve e peggiorerà nel corso delle settimane e dei mesi.

Generalmente non sarai in grado di identificare una causa scatenante l’inizio dei sintomi.

I disturbi più comuni che lamenterai, sono: dolore o bruciore sulla parte esterna del gomito, perdita di forza nella presa e talora dolore notturno.

I sintomi si accentueranno con l’utilizzo dei muscoli dell’avambraccio, come tenere una racchetta, girare una chiave inglese, stringere la mano a pugno, sollevare una bottiglia… ed è più spesso colpito il tuo braccio dominante.

ESAME CLINICO

Prenderò in considerazione molti fattori nel fare una diagnosi.

Prima di tutto ascolterò la tua storia: da quando sono comparsi i sintomi, quale è la sede del dolore, come si è sviluppato nel tempo e come varia nelle attività quotidiane e/o sportive.

Ti farò alcune domande per conoscere eventuali fattori di rischio professionale, la tua attività sportiva, pregressi traumi, malattie da cui sei affetto e i farmaci che normalmente assumi.

Durante l’esame, eseguirò una pressione su alcuni specifici punti del gomito per verificare la presenza di dolore e utilizzerò una varietà di test per confermare la diagnosi. Ad esempio, potrei chiederti di provare a raddrizzare il polso e le dita contro resistenza con il braccio completamente dritto per vedere se questo causa dolore. La positività a questi test mi permetterà di confermare la diagnosi clinica.

ESAMI DIAGNOSTICI

La diagnosi iniziale è essenzialmente clinica, ci si potrà avvalere dell’ecografia e delle radiografie per un primo screening qualora i sintomi persistano oltre le 6 settimane di trattamento medico.

Esami più approfonditi quali risonanza magnetica, tac o elettromiografia si renderanno necessarie solo in caso di dubbio diagnostico o mancata risposta ai trattamenti iniziali.

Possibili diagnosi differenziali sono la sindrome del tunnel radiale, la plica sinoviale del capitello radiale, osteocondrite del gomito, instabilità legamentosa e una sindrome del tunnel cubitale. Queste patologie hanno comunque dei sintomi e segni specifici che ci porranno il dubbio che non si tratti di epicondilite e ci spingeranno ad effettuare gli accertamenti approfonditi indicati precedentemente.

TRATTAMENTO

Il trattamento medico circa nell’ 80-95% dei Pazienti permette di ottenere un risultato positivo senza la necessità di trattamento chirurgico.

Riposo. Il primo passo verso il recupero è dare al tuo braccio un riposo adeguato. Ciò significa che dovrai interrompere o limitare l’attività sportiva, l’attività di lavoro pesante e altre attività che sono causa dei sintomi dolorosi per alcune settimane.

Farmaci. Paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), possono essere assunti per aiutare a ridurre il dolore e il gonfiore

Terapia fisica. Alcuni esercizi sono utili per rafforzare i muscoli dell’avambraccio e il tuo fisioterapista potrà anche eseguire trattamenti specifici manuali o con l’ausilio di apparecchiature idonee per attenuare i sintomi e stimolare la guarigione.

Tutore. L’uso di un tutore specifico e idoneamente indossato, ti aiuterà ad alleviare i sintomi contribuendo a scaricare i muscoli durante le attività.

Infiltrazioni con cortisonico. Pratica molto efficace e di rapido risultato clinico, ma che dovremo inquadrare in un preciso bilancio rischio/beneficio.

Infiltrazioni con plasma ricco di piastrine. Il plasma ricco di piastrine (PRP) è un trattamento biologico che in un contesto di medicina rigenerativa ha lo scopo di alleviare il dolore e stimolare i processi riparativi. Clicca qui per approfondire

 

Onde d’urto focali. La terapia con onde d’urto sfrutta l’energia di alcune onde sonore che sono in grado di creare microtraumi con conseguente stimolazione dei processi di guarigione naturali del corpo.

Attrezzatura sportiva e gesto atletico. La correzione di un tuo gesto atletico inadeguato o di una attrezzatura non adatta a te come ad esempio una racchetta rigida o con impugnatura non idonea possono partecipare attivamente al tuo percorso di guarigione.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Se i sintomi non rispondono dopo 6-12 mesi di trattamenti medici, prenderemo in considerazione il trattamento chirurgico.

La procedura chirurgica generalmente comporta la pulizia del tendine malato con la rimozione delle piccole aree maggiormente danneggiate, il parziale distacco dalla sua inserzione ossea per cruentarla e stimolare i processi riparativi naturali e la sua successiva reinserzione.

Si tratta di un intervento che generalmente non richiede il ricovero durante la notte.

L’arto sarà immobilizzato per 2 settimane con una stecca. Rimossa l’immobilizzazione e la sutura, seguirà un adeguato regime riabilitativo che mirerà all’inizio alla ripresa della mobilità completa e a seguire (dopo 2 mesi circa) al recupero della forza muscolare. La ripresa di una attività sportiva atletica richiederà 4-6 mesi.

Come per qualsiasi intervento chirurgico, esistono sono dei rischi; i più comuni da considerare includono: infezione, danni ai nervi e ai vasi sanguigni, necessità di una prolungata riabilitazione, perdita di forza e di mobilità del gomito, necessità di ulteriori interventi chirurgici…

Il trattamento chirurgico è considerato di successo nell’80-90% dei Pazienti, ma non è raro osservare una perdita di forza.

Ogni intervento chirurgico ha i propri rischi e complicanze e deve essere ben inquadrato in un contesto di rischio/beneficio valutato e discusso con il Paziente.